UN DIALOGO SULLA GRAVITÀ E IL DISEGNO DIVINO

Cosa altro poteva scrivere un genio in fisica quale Isaac Newton verso la fine del 1600? Nella sua vasta produzione letteraria, a Londra, troviamo quattro lettere al Dr. Richard Bentley tra il 10 dicembre 1692 e l’11 febbraio 1693, che rappresentano un’interessante testimonianza del suo pensiero sulla gravità, sulla cosmologia e sull’esistenza di Dio. L’esposizione si spinge oltre gli ambiti della fisica e della matematica, per cui maggiormente lo conosciamo: queste lettere affrontano una serie di questioni sollevate da Bentley, che stava preparando alcuni sermoni religiosi a partire da evidenze del mondo naturale.
E’ possibile leggere liberamente le lettere, che oggi sono di pubblico dominio, collegandosi a questi indirizzi: archive.org, wikimedia.org, books.google.it.
Newton si rivolge a lui come “Reverendo dottore”. Furono inviate al “Signor Bentley, presso la casa del Vescovo di Worcester in Park-street, Westminster” e al “Signor Bentley, presso il Palazzo a Worcester” a Londra.
Nella sua prima lettera a Bentley, Newton utilizza l’espressione “supponendo che la Materia fosse di Natura lucida” per introdurre un’ipotesi sulla formazione del sole e delle stelle fisse. In questo contesto, “natura lucida” si riferisce a una proprietà intrinseca della materia primordiale che le conferirebbe la capacità di emettere luce, simile a quella del Sole.

Newton sta probabilmente ipotizzando che se la materia primordiale fosse stata luminosa, la forza di gravità avrebbe potuto causare il collasso in masse distinte, formando così il Sole e le stelle fisse. Tuttavia, si interroga subito dopo su come la materia avrebbe potuto differenziarsi in due tipi:
● Materia “lucida”: adatta a formare corpi celesti luminosi come il Sole.
● Materia “opaca”: adatta a formare corpi celesti non luminosi come i pianeti.
Newton non spiega come questa differenziazione avrebbe potuto verificarsi se la materia fosse stata inizialmente tutta “lucida”. Anzi, considera questo problema irrisolvibile con le sole leggi naturali e conclude che l’intervento di un “Agente volontario” (l’Assoluto, Dio) sia necessario per spiegare l’esistenza di corpi luminosi e opachi nell’universo.
Sempre nella prima lettera, Newton risponde alla domanda di Bentley sulla formazione dell’universo e suggerisce che se la materia fosse distribuita uniformemente in uno spazio finito, collasserebbe in una singola massa. Tuttavia, l’esistenza di molteplici stelle e sistemi solari indica un’azione non casuale, che Newton attribuisce al già introdotto “Agente volontario”. Conclude che la complessità e l’ordine del sistema solare indicano un “progetto intelligente”:
“Non penso che sia spiegabile con mere cause naturali, ma sono costretto ad attribuirlo al consiglio e alla pianificazione di un agente volontario”.
Nella seconda lettera egli continua la discussione sulla distribuzione della materia e in special modo riferendosi alle stelle e alla loro collocazione nello spazio, affermando che l’equilibrio perfetto delle particelle in uno spazio infinito è altamente improbabile senza un intervento divino e lo argomenta nella seguente parte:
“Infatti, se il centro matematico della particella centrale non si trova esattamente nel centro matematico del potere attrattivo di tutta la massa, la particella non sarà attratta in modo uguale da tutte le parti. E ancor più difficile è supporre che tutte le particelle in uno spazio infinito siano così accuratamente bilanciate l’una con l’altra da restare ferme in un perfetto equilibrio. Perché considero ciò tanto difficile quanto far stare in equilibrio non solo un ago, ma un numero infinito di aghi (tanti quanti sono le particelle in uno spazio infinito) perfettamente bilanciati sulle loro punte. Tuttavia, concedo che sia possibile, almeno attraverso un potere divino; e se fossero posizionati una volta, concordo con voi che rimarrebbero in quella posizione senza movimento per sempre, a meno che non vengano messi in nuovo movimento dallo stesso potere”.
Introduce il concetto di infinito matematico e le sue implicazioni per la gravità: afferma che quando si ragiona sull’infinito è necessario adottare un approccio matematico rigoroso per giungere a conclusioni accurate sulle forze e sul movimento. In altre parole, la semplice nozione di infinito come qualcosa di indefinito e onnicomprensivo non può essere sufficiente per spiegare il comportamento della gravità in uno spazio infinito. Newton non nega la possibilità di un perfetto equilibrio in uno spazio infinito. Anzi, ammette che tale equilibrio potrebbe essere possibile grazie all’intervento di un potere divino.

Nella terza lettera, Newton affronta l’idea di un universo eterno proposta da Bentley e suggerisce che un universo eterno, dove la materia è distribuita uniformemente in uno spazio infinito, è incompatibile con la sua legge di gravità.
“Il secondo sembra non essere così chiaro, poiché si potrebbe dire che potrebbero esserci altri sistemi di mondi prima di quelli attuali, e altri ancora prima di questi, e così via fino all’eternità passata. Di conseguenza, la gravità potrebbe essere coetanea alla materia e avere lo stesso effetto per tutta l’eternità come attualmente, a meno che tu non abbia dimostrato da qualche parte che i vecchi sistemi non possono gradualmente trasformarsi in nuovi, o che questo sistema non ha avuto la sua origine da…”

Newton continua a spiegare il suo punto di vista sulla formazione dell’universo e sul ruolo della gravità; risponde all’affermazione di Bentley secondo cui potrebbero esserci stati altri sistemi di mondi prima di quelli attuali e altri ancora prima di questi, fino all’eternità passata. Egli suggerisce che questa idea, sebbene possibile, non spiega come questi sistemi siano passati da uno all’altro e afferma che l’idea che i vecchi sistemi possano trasformarsi gradualmente in nuovi senza l’intervento di un potere divino, gli sembra “apparentemente assurda”.
“Di conseguenza, la gravità potrebbe essere coetanea alla materia e avere lo stesso effetto per tutta l’eternità come attualmente, a meno che tu non abbia dimostrato da qualche parte che i vecchi sistemi non possono gradualmente passare in nuovi, o che questo sistema non ha avuto la sua origine dalla materia esalante di sistemi precedenti in decadenza, ma da un caos di materia uniformemente distribuita in tutto lo spazio; perché qualcosa di questo tipo, penso, tu dica sia stato l’oggetto del tuo sesto sermone, e la crescita di nuovi sistemi da quelli vecchi, senza la mediazione di un potere divino, mi sembra evidentemente assurdo. L’ultima clausola del secondo postulato mi piace molto. È inconcepibile che la materia inanimata e bruta possa, senza la mediazione di qualcosa d’altro che non è materiale, operare e influenzare altra materia senza un contatto reciproco, come dovrebbe essere se la gravitazione nel senso di Epicuro fosse essenziale e inerente ad essa. E questa è una delle ragioni per cui ti ho chiesto di non attribuirmi una gravità innata”.
Questa citazione è stata ripresa nel testo COSMOLOGIA SCIENTIFICA E RICERCA ARCHEOSOFICA, di Alessandro Benassai, in relazione all’intuizione di Newton sull’esistenza di un “fluido spaziale che unisce e pervade tutte le cose” (1).

Newton afferma che l’ipotesi di un universo eterno, dove la materia è distribuita uniformemente in uno spazio infinito, è incompatibile con l’idea della gravità innata. Sostiene che se la gravità fosse innata ed eterna, come la materia, allora tutta la materia si sarebbe già aggregata in una o più grandi masse, piuttosto che rimanere distribuita uniformemente.
In sostanza, Newton sostiene che la formazione e la struttura dell’universo, con i suoi sistemi solari e le sue leggi ordinate, puntano a un’intelligenza creatrice piuttosto che a un processo casuale governato esclusivamente dalla gravità.
Nella quarta lettera, ribadisce e rafforza i punti espressi nelle precedenti, in particolare riguardo all’impossibilità di spiegare la formazione e il funzionamento dell’universo solo attraverso principi meccanici e la gravità. Enfatizza come l’ipotesi di un universo statico e uniforme, dove la materia è distribuita uniformemente, sia in contrasto con la sua legge di gravità.
La gravità, seppur fondamentale per il moto dei pianeti, non può essere l’unica causa della loro rotazione e della struttura ordinata dell’universo: “In my former I represented that the diurnal Rotations of the Planets could not be derived from Gravity, but required a divine Arm to impress them”.
“In my former I represented that the diurnal Rotations of the Planets could not be derived from Gravity, but required a divine Arm to impress them“.
“Nella mia precedente [opera] ho affermato che le Rotazioni diurne dei Pianeti non potevano essere attribuite alla Gravità, ma richiedevano un Intervento divino per essere impresse.“
Con ciò evidenzia la necessità di un intervento divino per imprimere ai pianeti i loro moti iniziali.
Inoltre, affronta nuovamente l’ipotesi di un universo con materia distribuita uniformemente, dichiarandola incompatibile con l’idea di una gravità innata. Se la gravità fosse innata ed eterna, la materia si sarebbe già aggregata in una o più grandi masse, anziché rimanere uniformemente distribuita: “The Hypothecs of Matter’s being at first evenly spread through the Heavens, is, in my Opinion, inconsistent with the Hypothesis of innate Gravity, without a supernatural Power to reconcile them, and therefore it infers a Deity”.
“The Hypothecs of Matter’s being at first evenly spread through the Heavens, is, in my Opinion, inconsistent with the Hypothesis of innate Gravity, without a supernatural Power to reconcile them, and therefore it infers a Deity”.
“L’Ipotesi che la Materia sia stata all’inizio uniformemente distribuita nei Cieli è, a mio parere, incompatibile con l’Ipotesi della Gravità innata, senza un Potere soprannaturale che le riconcili, e pertanto implica l’esistenza di una Divinità.”
Newton conclude che la complessità e l’ordine del sistema solare richiedono un’intelligenza creatrice, un “Agente” che abbia stabilito le condizioni iniziali per il moto dei pianeti e abbia plasmato la struttura dell’universo. La gravità, pur essendo una forza fondamentale, non può spiegare da sola l’origine e il funzionamento dell’universo, il che per Newton implica l’esistenza di una divinità. Egli dunque credeva che l’ordine e l’armonia dell’universo non fossero frutto del caso ma richiedessero l’intervento di un’Intelligenza Superiore.
Le quattro lettere di Isaac Newton a Richard Bentley sono un’opera di grande valore culturale e scientifico perché in esse discute di temi fondamentali come la natura dell’universo, la legge di gravità e l’esistenza di un Creatore. La lettura di queste lettere che riportiamo da una nostra traduzione in italiano, ci permette di comprendere la visione di Newton sul cosmo e di apprezzare la sua capacità di conciliare scienza e fede.

Riportiamo la versione integrale delle 4 lettere di Isaac Newton a Richard Bentley.
LETTERA I
Al Reverendo Dr. Richard Bentley, presso la casa del Vescovo di Worcester in Park-street, Westminster.

Signore, quando scrissi il mio Trattato sul nostro Sistema, ebbi l’occhio rivolto a quei Principi che avrebbero potuto operare con uomini riflessivi, per il Credere in una Divinità, e nulla può rallegrarmi di più che scoprire che sia utile a tale scopo. Ma se ho reso un servizio al pubblico in questo modo, ciò è dovuto solo al laborioso e al paziente pensiero.
Quanto al Vostro primo Quesito, mi sembra che se la Materia del nostro Sole e dei Pianeti e tutta la Materia dell’Universo, fosse distribuita uniformemente in tutti i Cieli e ogni Particella avesse una Gravità innata verso tutto il resto e l’intero Spazio, attraverso il quale questa Materia fosse dispersa, fosse solo finito, la Materia all’esterno di questo Spazio, per la sua Gravità, tenderebbe verso tutta la Materia all’interno, e di conseguenza cadrebbe al centro dell’intero Spazio, e lì comporrebbe un’unica grande Massa sferica. Ma se la Materia fosse distribuita uniformemente in uno Spazio infinito, non potrebbe mai riunirsi in un’unica Massa, ma una parte di essa si riunirebbe in una Massa e una parte in un’altra, in modo da formare un Numero infinito di grandi Masse, sparse a grandi distanze l’una dall’altra attraverso tutto quello Spazio infinito. E così potrebbero essersi formati il Sole e le Stelle fisse, supponendo che la Materia fosse di Natura lucida. Ma come la Materia dovrebbe dividersi in due tipi e quella Parte di essa, che è adatta a comporre un Corpo splendente, dovrebbe cadere in un’unica Massa e formare un Sole e il resto, che è adatto a comporre un Corpo opaco, dovrebbe fondersi, non in un unico grande Corpo, come la Materia splendente, ma in molti piccoli; o se il Sole all’inizio fosse un Corpo opaco come i Pianeti, o i Pianeti Corpi lucidi come il Sole, come mai egli solo dovrebbe essere trasformato in un Corpo splendente, mentre tutti gli altri rimangono opachi, o tutti loro siano trasformati in opachi, mentre egli rimane immutato, non credo sia spiegabile con mere Cause naturali, ma sono costretto ad attribuirlo al Consiglio e all’Opera di un Agente volontario.
Lo stesso Potere, naturale o soprannaturale, che ha posto il Sole al Centro dei sei Pianeti primari, ha posto Saturno al Centro delle Orbite dei suoi cinque Pianeti secondari e Giove al Centro dei suoi quattro Pianeti secondari e la Terra al Centro dell’Orbita della Luna; e quindi se questa Causa fosse stata cieca, senza Controllo o Progetto, il Sole sarebbe stato un Corpo dello stesso tipo di Saturno, Giove e la Terra, cioè senza Luce e Calore. Perché ci sia un solo Corpo nel nostro Sistema qualificato a dare Luce e Calore a tutti gli altri, non ne conosco la Ragione, se non perché l’Autore del Sistema lo ha ritenuto conveniente e perché ci sia un solo Corpo di questo tipo non ne conosco la Ragione, se non perché uno fosse sufficiente a riscaldare e illuminare tutti gli altri. Infatti l’Ipotesi Cartesiana di Soli che perdono la loro Luce, e poi si trasformano in Comete e le Comete in Pianeti, non può avere posto nel mio Sistema, ed è palesemente erronea; perché è certo che ogni volta che ci appaiono, esse discendono nel Sistema dei nostri Pianeti, più in basso dell’Orbita di Giove, e a volte più in basso delle Orbite di Venere e Mercurio, eppure non si fermano mai qui, ma ritornano sempre dal Sole con gli stessi Gradi di Moto con cui gli si sono avvicinate.
Al tuo secondo quesito, rispondo che i Moti che i Pianeti hanno ora non potrebbero derivare da una Causa puramente naturale, ma sono stati impressi da un Agente intelligente. Infatti, poiché le Comete scendono nella Regione dei nostri Pianeti, e qui si muovono in tutti i modi, andando a volte nello stesso modo dei Pianeti, a volte nel modo contrario, e a volte in modo trasversale, in Piani inclinati rispetto al Piano dell’Eclittica, e con tutti i tipi di Angoli, è chiaro che non esiste una Causa naturale che potrebbe determinare tutti i Pianeti, sia primari che secondari, a muoversi nello stesso modo e nello stesso Piano, senza alcuna Variazione considerevole; questo deve essere stato l’Effetto del Consiglio. Né esiste una Causa naturale che possa dare ai Pianeti quei giusti Gradi di Velocità, in Proporzione alle loro Distanze dal Sole e dagli altri Corpi centrali, che erano necessari per farli muovere in tali Orbite concentriche attorno a quei Corpi. Se i Pianeti fossero stati veloci come le Comete, in Proporzione alle loro Distanze dal Sole (come sarebbero stati, se il loro Moto fosse stato causato dalla loro Gravità, per cui la Materia, alla prima Formazione dei Pianeti, avrebbe potuto cadere dalle Regioni più remote verso il Sole) non si sarebbero mossi in Orbite concentriche, ma in quelle eccentriche in cui si muovono le Comete. Se tutti i Pianeti fossero veloci come Mercurio, o lenti come Saturno o i suoi Satelliti; o se le loro diverse Velocità fossero altrimenti molto maggiori o minori di quanto non siano, come avrebbero potuto essere se fossero derivate da qualsiasi altra Causa diversa dalle loro Gravità; o se le Distanze dai Centri attorno ai quali si muovono fossero maggiori o minori di quanto non siano con le stesse Velocità; o se la Quantità di Materia nel Sole, o in Saturno, Giove e la Terra, e di conseguenza il loro Potere gravitazionale, fosse maggiore o minore di quanto non sia, i Pianeti primari non avrebbero potuto ruotare attorno al Sole, né quelli secondari attorno a Saturno, Giove e la Terra, in Cerchi concentrici come fanno, ma si sarebbero mossi in Iperboli, o Parabole, o in Ellissi molto eccentriche.
Per creare questo Sistema, quindi, con tutti i suoi Moti, è stata necessaria una Causa che comprendesse e confrontasse insieme le Quantità di Materia nei diversi Corpi del Sole e dei Pianeti, e i Poteri gravitazionali che ne derivano; le diverse Distanze dei Pianeti primari dal Sole, e di quelli secondari da Saturno, Giove e la Terra; e le Velocità con cui questi Pianeti avrebbero potuto ruotare attorno a quelle Quantità di Materia nei Corpi centrali; e confrontare e aggiustare tutte queste Cose insieme, in una così grande Varietà di Corpi, significa che quella Causa non è cieca e fortuita, ma molto esperta in Meccanica e Geometria.
Alla tua terza domanda, rispondo che si potrebbe supporre che il Sole, riscaldando maggiormente quei pianeti che gli sono più vicini, faccia sì che essi siano meglio elaborati e più condensati da quella elaborazione. Ma quando considero che la nostra Terra è molto più riscaldata nelle sue viscere al di sotto della crosta superiore dalle fermentazioni sotterranee dei corpi minerali che dal Sole, non vedo perché le parti interne di Giove e Saturno non potrebbero essere altrettanto riscaldate, elaborate e coagulate da quelle fermentazioni come lo è la nostra Terra, e quindi questa varia densità dovrebbe avere qualche altra causa diversa dalle diverse distanze dei pianeti dal Sole. E sono confermato in questa opinione considerando che i pianeti di Giove e Saturno, essendo più rarefatti degli altri, sono enormemente più grandi, e contengono una quantità di materia molto maggiore, e hanno molti satelliti attorno a loro.
Qualità queste che sicuramente non derivano dal fatto di essere stati posti a così grande distanza dal Sole, ma che furono piuttosto la Causa per cui il Creatore li pose a grande distanza. Infatti, con i loro poteri gravitazionali, essi disturbano sensibilmente i reciproci Moti, come ho scoperto da alcune recenti osservazioni del Sig. Flamsteed, e se fossero stati posti molto più vicini al Sole e l’uno all’altro, avrebbero causato un considerevole Disturbo nell’intero Sistema con gli stessi Poteri.
Al vostro quarto Quesito, rispondo che nell’Ipotesi dei Vortici, l’Inclinazione dell’Asse terrestre potrebbe, a mio parere, essere attribuita alla Posizione del Vortice terrestre prima che fosse assorbito dai Vortici vicini, e la Coda si trasformasse da Sole a Cometa; ma questa Inclinazione dovrebbe diminuire costantemente in accordo con il Moto del Vortice terrestre, il cui Asse è molto meno inclinato rispetto all’Eclittica, come appare dal Moto della Luna che vi è trasportata. Se il Sole con i suoi Raggi potesse trasportare i Pianeti, tuttavia non vedo come potrebbe con ciò effettuare i loro Moti diurni. Infine, non vedo nulla di straordinario nell’Inclinazione dell’Asse terrestre per provare una Divinità, a meno che non la si voglia addurre come un Espediente per l’Inverno e l’Estate, e per rendere la Terra abitabile verso i Poli; e che le Rotazioni diurne del Sole e dei Pianeti, poiché difficilmente potrebbero derivare da una Causa puramente meccanica, così essendo determinate tutte nello stesso modo dei Moti annuali e mensili, sembrano costituire quell’Armonia nel Sistema, che, come ho spiegato sopra, fu l’Effetto della Scelta piuttosto che del Caso.
C’è ancora un altro Argomento a favore di una Divinità, che ritengo molto forte, ma finché i Principi su cui si fonda non saranno meglio accolti, ritengo più opportuno lasciarlo dormiente.
Sono il vostro umilissimo servitore, a vostra disposizione.
IS. NEWTON.
Cambridge,
10 dicembre 1692.
LETTERA II
Al Signor Bentley, presso il Palazzo a Worcester.

Signore,
Sono d’accordo con voi che se la Materia uniformemente diffusa in uno Spazio finito, non sferico, dovesse cadere in una Massa solida, questa Massa assumerebbe la Figura dell’intero Spazio, a condizione che non fosse molle, come il vecchio Caos, ma così dura e solida fin dall’Inizio, che il Peso delle sue Parti sporgenti non potesse farla cedere alla loro Pressione. Tuttavia, con i Terremoti che allentano le Parti di questo Solido, le Sporgenze potrebbero a volte sprofondare un po’ per il loro Peso, e in tal modo la Massa potrebbe, a poco a poco, avvicinarsi a una Figura sferica.
Il motivo per cui la Materia uniformemente dispersa in uno Spazio finito converrebbe al centro, lo concepirai come me; ma che ci dovrebbe essere una Particella centrale, così accuratamente collocata nel mezzo, da essere sempre ugualmente attratta da tutti i lati, e quindi rimanere senza Moto, mi sembra una Supposizione altrettanto difficile quanto quella di far stare l’Ago più affilato in piedi sulla sua Punta su uno Specchio. Infatti, se il Centro matematico della Particella centrale non si trova esattamente nel Centro matematico del Potere attrattivo dell’intera Massa, la Particella non sarà attratta allo stesso modo da tutti i lati. Ed è molto più difficile supporre che tutte le Particelle in uno Spazio infinito siano così accuratamente bilanciate l’una con l’altra, da rimanere ferme in un perfetto Equilibrio. Infatti, considero questo difficile quanto il far stare non un solo Ago, ma un numero infinito di essi (tanti quante sono le Particelle in uno Spazio infinito) in piedi sulle loro Punte. Eppure ammetto che sia possibile, almeno per Potere divino; e se fossero una volta collocate, sono d’accordo con voi che rimarrebbero in quella Posizione senza Moto per sempre, a meno che non vengano messe in nuovo Moto dallo stesso Potere. Pertanto, quando dissi che la Materia uniformemente dispersa in tutto lo Spazio si riunirebbe per la sua Gravità in una o più grandi Masse, la intendo come Materia che non rimane in un accurato Equilibrio.
Ma tu sostieni, nel Paragrafo successivo della tua Lettera, che ogni Particella di Materia in uno Spazio infinito ha una Quantità infinita di Materia su tutti i lati, e di conseguenza un’Attrazione infinita in ogni direzione, e quindi deve rimanere in Equilibrio, poiché tutti gli Infiniti sono uguali. Tuttavia tu stesso sospetti un Paralogismo in questo Argomento; e io credo che il Paralogismo stia nella Posizione che tutti gli Infiniti sono uguali. Il genere umano in generale considera gli Infiniti solo come indefinitamente grandi; e in questo senso, dicono che tutti gli Infiniti sono uguali; sebbene si esprimerebbero in modo più corretto se dicessero che non sono né uguali né disuguali, né hanno alcuna Differenza o Proporzione certa l’uno rispetto all’altro. In questo senso, quindi, non si possono trarre da essi Conclusioni circa l’Uguaglianza, le Proporzioni o le Differenze delle cose, e coloro che tentano di farlo cadono generalmente in Paralogismi. Così, quando gli uomini argomentano contro l’infinita Divisibilità della Grandezza, dicendo che se un Pollice può essere diviso in un Numero infinito di Parti, la Somma di quelle Parti sarà un Pollice, e se un Piede può essere diviso in un Numero infinito di Parti, la Somma di quelle Parti deve essere un Piede e quindi, poiché tutti gli Infiniti sono uguali, quelle Somme devono essere uguali, cioè un Pollice uguale a un Piede.
La falsità della Conclusione dimostra un Errore nelle Premesse, e l’Errore sta nella Posizione che tutti gli Infiniti sono uguali. C’è dunque un altro modo di considerare gli Infiniti, usato dai Matematici, e cioè sotto certe Restrizioni e Limitazioni definite, per cui gli Infiniti sono determinati ad avere certe Differenze o Proporzioni tra loro. Così il Dr. Wallis li considera nella sua Arithmetica Infinitorum, dove, dalle varie Proporzioni delle Somme infinite, deduce le varie Proporzioni delle Grandezze infinite: questo modo di argomentare è generalmente ammesso dai Matematici, eppure non sarebbe valido se tutti gli Infiniti fossero uguali. Secondo lo stesso modo di considerare gli Infiniti, un Matematico ti direbbe che, sebbene ci sia un Numero infinito di Parti infinitamente piccole in un Pollice, tuttavia c’è un numero dodici volte maggiore di tali Parti in un Piede, cioè il Numero infinito di quelle Parti in un Piede non è uguale, ma dodici volte più grande del Numero infinito di esse in un Pollice. E così un Matematico ti dirà che se un Corpo fosse in Equilibrio tra due Forze attrattive infinite uguali e contrarie, e se a una di queste Forze aggiungessi una nuova Forza attrattiva finita, quella nuova Forza, per quanto piccola, distruggerebbe il loro Equilibrio, e metterebbe il Corpo nello stesso Moto in cui lo metterebbe se quelle due Forze uguali contrarie fossero solo finite, o addirittura nulle; cosicché in questo Caso i due Infiniti uguali, con l’Aggiunta di un Finito a uno di essi, diventano disuguali nei nostri modi di Calcolo, e secondo questi modi dobbiamo calcolare, se dalle Considerazioni degli Infiniti vogliamo sempre trarre Conclusioni vere.
All’ultima Parte della tua Lettera, rispondo, primo, che se la Terra (senza la Luna) fosse collocata in qualsiasi punto con il suo Centro nell’Orbis Magnus, e rimanesse ferma lì senza alcuna Gravitazione o Proiezione e lì le fosse infusa in una sola volta sia un’Energia gravitazionale verso il Sole, sia un Impulso trasversale di giusta Quantità che la muova direttamente in Tangente all’Orbis Magnus, i Composti di questa Attrazione e Proiezione, secondo la mia Concezione, causerebbero una Rivoluzione circolare della Terra attorno al Sole. Ma l’Impulso trasversale deve essere di giusta Quantità; infatti, se fosse troppo grande o troppo piccolo, farebbe sì che la Terra si muova in qualche altra Linea. Secondo, non conosco alcun Potere in Natura che possa causare questo Moto trasversale senza il Disegno divino. Blondel ci dice da qualche parte nel suo Libro delle Bombe, che Platone afferma che il Moto dei Pianeti è tale come se fossero stati tutti creati da Dio in qualche Regione molto lontana dal nostro Sistema, e lasciati cadere da lì verso il Sole, e non appena giunti alle loro rispettive Orbite, allora il Moto di caduta si trasformò in uno trasversale. E questo è vero, supponendo che il Potere gravitazionale del Sole fosse doppio in quel momento di Tempo in cui essi giungono tutti alle loro rispettive Orbite; ma allora il Potere divino è qui richiesto in un doppio rispetto, cioè per trasformare i Moti discendenti dei Pianeti in caduta in un Moto laterale, e allo stesso tempo per raddoppiare il Potere attrattivo del Sole. Quindi la Gravità può mettere in Moto i Pianeti, ma senza il Potere divino non potrebbe mai metterli in quel Moto circolare che hanno attorno al Sole; e quindi, per questa come per altre Ragioni, sono costretto ad attribuire la Struttura di questo Sistema a un Agente intelligente.
Tu a volte parli della Gravità come essenziale e inerente alla Materia. Ti prego di non attribuirmi questa Concezione, poiché la Causa della Gravità è ciò che non pretendo di conoscere, e quindi vorrei avere più Tempo per considerarla.
Temo che ciò che ho detto degli Infiniti ti sembrerà oscuro, ma è sufficiente se capisci che gli Infiniti, quando considerati assolutamente senza alcuna Restrizione o Limitazione, non sono né uguali né disuguali, né hanno alcuna Proporzione certa l’uno rispetto all’altro, e quindi il Principio che tutti gli Infiniti sono uguali è precario.
Così, sono
Il vostro umilissimo servitore
IS. NEWTON. Trinity College,17 gennaio 1692-3.
LETTERA III
Al Signor Bentley, presso il Palazzo a Worcester.

SIGNORE, Poiché desiderate velocità, risponderò alla vostra lettera con la massima brevità possibile. Nelle sei posizioni che stabilite all’inizio della vostra lettera, sono d’accordo con voi. Il vostro supporre l’Orbis Magnus di 7000 diametri terrestri implica che la parallasse orizzontale del Sole sia di mezzo minuto. Flamsteed e Cassini hanno recentemente osservato che è di circa 10″, e quindi l’Orbis Magnus deve essere di 21.000, o, in un numero più preciso, di 20.000 diametri terrestri. Penso che entrambi i calcoli vadano bene, e penso che non valga la pena cambiare i vostri numeri.
Nella parte successiva della vostra lettera stabilite altre quattro posizioni, fondate sulle prime sei. La prima di queste sembra molto evidente, supponendo che prendiate l’attrazione in modo così generale da intendere con essa qualsiasi forza per cui i corpi distanti tendono ad avvicinarsi senza impulso meccanico. La seconda non sembra così chiara, perché si può dire che potrebbero esserci stati altri sistemi di mondi prima di quelli attuali, e altri prima di questi, e così via per tutta l’eternità passata, e di conseguenza, che la gravità può essere co-eterna alla materia, e avere lo stesso effetto da tutta l’eternità come al presente, a meno che non abbiate dimostrato da qualche parte che i vecchi sistemi non possono gradualmente trasformarsi in nuovi, o che questo sistema non abbia avuto origine dalla materia esalata di precedenti sistemi in decadenza, ma da un caos di materia uniformemente dispersa in tutto lo spazio; infatti, qualcosa di questo genere, penso, era l’argomento del vostro sesto sermone, e la crescita di nuovi sistemi da quelli vecchi, senza la mediazione di un potere divino, mi sembra palesemente assurda. L’ultima clausola della seconda posizione mi piace molto. È inconcepibile che la materia bruta inanimata, senza la mediazione di qualcos’altro che non sia materiale, operi e influenzi altra materia senza contatto reciproco, come dovrebbe essere se la gravitazione, nel senso di Epicuro, fosse essenziale e inerente ad essa. E questa è una ragione per cui vi ho pregato di non attribuirmi la gravità innata. Che la gravità sia innata, inerente ed essenziale alla materia, così che un corpo possa agire su un altro a distanza attraverso il vuoto, senza la mediazione di nient’altro, per mezzo del quale la loro azione e la loro forza possano essere trasmesse dall’uno all’altro, è per me un’assurdità così grande, che credo che nessun uomo che abbia in materia filosofica una sufficiente capacità di pensare, possa mai caderci. La gravità deve essere causata da un agente che agisce costantemente secondo certe leggi; ma se questo agente sia materiale o immateriale, l’ho lasciato alla considerazione dei miei lettori.
La vostra quarta affermazione, che il mondo non avrebbe potuto essere formato dalla sola gravità innata, la confermate con tre argomenti. Ma nel vostro primo argomento sembra che facciate una petitio principii; infatti, mentre molti antichi filosofi e altri, sia teisti che atei, hanno ammesso che possono esserci mondi e particelle di materia innumerevoli o infiniti, voi lo negate, rappresentandolo come assurdo quanto il fatto che ci sia positivamente una somma o un numero aritmetico infinito, il che è una contraddizione in termini; ma non dimostrate che sia assurdo. Né dimostrate che ciò che gli uomini intendono per somma o numero infinito sia una contraddizione in natura, perché una contraddizione in termini non implica altro che un’improprietà di linguaggio. Quelle cose che gli uomini intendono con frasi improprie e contraddittorie, possono essere a volte realmente in natura senza alcuna contraddizione; un calamaio d’argento, una lanterna di carta, una cote di ferro (2), sono frasi assurde, eppure le cose da esse significate sono realmente in natura. Se uno dicesse che un numero e una somma, a parlar propriamente, sono ciò che può essere numerato e sommato, ma le cose infinite sono innumerabili, o, come si dice comunemente, innumerabili e insommabili, e quindi non dovrebbero essere chiamate numero o somma, parlerebbe in modo abbastanza corretto e il vostro argomento contro di lui, temo, perderebbe la sua forza. Eppure, se qualcuno prendesse le parole “numero” e “somma” in un senso più ampio, così da intendere con esse cose che nel modo di parlare proprio sono innumerabili e insommabili (come sembra che facciate voi quando ammettete un numero infinito di punti in una linea), potrei facilmente concedergli l’uso delle frasi contraddittorie di “numero innumerabile” o “somma insommabile”, senza inferire da ciò alcuna assurdità nella cosa che egli intende con quelle frasi. Tuttavia, se con questo o con qualsiasi altro argomento avete dimostrato la finitezza dell’universo, ne consegue che tutta la materia cadrebbe dall’esterno e converrebbe al centro. Eppure la materia, cadendo, potrebbe concretizzarsi in molte masse rotonde, come i corpi dei pianeti e questi, attirandosi l’un l’altro, potrebbero acquisire un obliquità di discesa, per mezzo della quale potrebbero cadere non sul grande corpo centrale, ma sul suo lato e fare un giro e poi risalire con gli stessi passi e gradi di moto e di velocità con cui sono discesi prima, più o meno allo stesso modo in cui le comete ruotano attorno al Sole; ma non potrebbero mai acquisire per sola gravità un moto circolare in orbite concentriche attorno al Sole. E sebbene tutta la materia fosse divisa in origine in diversi sistemi, e ogni sistema fosse messo insieme da un potere divino come il nostro, tuttavia i sistemi esterni scenderebbero verso quello più interno, cosicché questo stato di cose non potrebbe sussistere sempre senza un potere divino che lo conservi, il che è il secondo argomento, e al vostro terzo aderisco pienamente.
Per quanto riguarda il brano di Platone, non c’è un luogo comune da cui tutti i pianeti, lasciati cadere e discendendo con gravità uniforme e uguale (come suppone Galileo), al loro arrivo alle rispettive orbite acquisirebbero le rispettive velocità con cui ora ruotano in esse. Se supponiamo che la gravità di tutti i pianeti verso il Sole sia di una quantità pari a quella reale e che i moti dei pianeti siano rivolti verso l’alto, ogni pianeta salirà al doppio della sua altezza dal Sole. Saturno salirà fino a quando non sarà due volte più lontano dal Sole di quanto non sia attualmente e non più in alto; Giove salirà di nuovo all’altezza attuale, cioè poco sopra l’orbita di Saturno; Mercurio salirà al doppio della sua altezza attuale, cioè all’orbita di Venere; e così via per gli altri, e poi, ricadendo dai luoghi a cui sono saliti, arriveranno di nuovo alle rispettive orbite con le stesse velocità che avevano all’inizio e con cui ora ruotano.
Ma se, non appena i loro moti con cui ruotano sono rivolti verso l’alto, il potere gravitazionale del Sole, da cui tale salita è perpetuamente ritardata, fosse diminuito della metà, essi ora salirebbero perpetuamente e tutti, a distanze uguali dal Sole, sarebbero ugualmente veloci. Mercurio, quando arriverà all’orbita di Venere, sarà veloce come Venere; e lui e Venere, quando arriveranno all’orbita della Terra, saranno veloci come la Terra, e così via per gli altri. Se cominciano tutti a salire contemporaneamente, e salgono sulla stessa linea, nel salire diventeranno costantemente più vicini l’uno all’altro e i loro moti si avvicineranno costantemente ad un’uguaglianza e alla fine diventeranno più lenti di qualsiasi moto assegnabile. Supponiamo quindi che salgano finché non siano quasi contigui e i loro moti trascurabilmente piccoli e che tutti i loro moti siano invertiti nello stesso istante; o, il che è quasi la stessa cosa, che siano solo privati dei loro moti e lasciati cadere in quel momento, arriverebbero tutti contemporaneamente alle loro rispettive orbite, ognuno con la velocità che aveva all’inizio; e se i loro moti fossero poi deviati lateralmente e nello stesso tempo il potere gravitazionale del Sole raddoppiasse, in modo da essere abbastanza forte da trattenerli nelle loro orbite, essi vi ruoterebbero come prima della loro ascesa. Ma se il potere gravitazionale del Sole non fosse raddoppiato, essi si allontanerebbero dalle loro orbite verso i cieli più alti in linee paraboliche. Queste cose derivano dai miei Principia Mathematica, Libro I, Proposizioni 33, 34, 36, 37.
Vi ringrazio molto per il vostro gradito regalo e resto
Vostro umilissimo servitore,
IS. NEWTON.Cambridge,25 febbraio 1692-3.
LETTERA IV
Al Signor Bentley, presso il Palazzo a Worcester.
SIGNORE,

L’ipotesi di derivare la struttura del mondo mediante principi meccanici dalla materia uniformemente diffusa nei cieli, essendo incompatibile con il mio sistema, l’avevo considerata molto poco prima che le vostre lettere me ne mettessero a conoscenza, e quindi vi disturbo con un paio di righe in più al riguardo, se questo non arriva troppo tardi per esservi utile.
Nella mia precedente lettera ho illustrato che le rotazioni diurne dei pianeti non potevano derivare dalla gravità, ma richiedevano un intervento divino per imprimerle. E sebbene la gravità possa dare ai pianeti un movimento di discesa verso il Sole, sia direttamente che con una piccola obliquità, tuttavia i moti trasversali con cui ruotano nelle loro rispettive orbite richiedevano l’intervento divino per imprimerli secondo le tangenti delle loro orbite. Vorrei ora aggiungere che l’ipotesi che la materia fosse inizialmente distribuita uniformemente nei cieli è, a mio avviso, incompatibile con l’ipotesi della gravità innata, senza un potere soprannaturale che le riconcili, e quindi implica una Divinità. Infatti, se esiste una gravità innata, è impossibile ora che la materia della Terra e di tutti i pianeti e delle stelle voli via da essi e si distribuisca uniformemente in tutti i cieli, senza un potere soprannaturale, e certamente ciò che non potrà mai avvenire in futuro senza un potere soprannaturale, non avrebbe mai potuto avvenire in passato senza lo stesso potere.
Voi avete chiesto se la materia uniformemente distribuita in uno spazio finito, di forma diversa da quella sferica, cadendo verso un corpo centrale, non farebbe sì che quel corpo assumesse la stessa forma dell’intero spazio e io ho risposto di sì. Ma nella mia risposta si deve supporre che la materia discenda direttamente verso quel corpo e che quel corpo non abbia una rotazione diurna.
Questo, Signore, è tutto ciò che vorrei aggiungere alle mie precedenti lettere.
Sono Vostro umilissimo servitore,
IS. NEWTON.
Cambridge, 11 febbraio 1693.
1 – COSMOLOGIA SCIENTIFICA E RICERCA ARCHEOSOFICA. Alessandro Benassai, Archeosofica, p.9.
2 – Cote di ferro: strumento utilizzato per affilare altri oggetti, tipicamente di metallo. Tradizionalmente, le cote erano realizzate con materiali duri e abrasivi come la pietra.